Isaac Newton, a distanza di oltre 3 secoli (è scomparso nel 1727), rimane uno dei più grandi (se non il più grande) fisici mai esistiti. A lui si devono studi e scoperte fondamentali, quali quella sulla dinamica, che, in estrema sintesi, si basa su 3 principi. Il primo definisce l’inerzia, il secondo l’accelerazione, il terzo l’azione-reazione, che riguarda l’interazione tra 2 corpi quando (per ogni forza che un corpo A esercita su un corpo B, ne esiste un’altra uguale, in modo e direzione, e contraria, che B esercita su A).
Il principio azione-reazione, in senso più filosofico, riprende anche il concetto di causa-effetto, che definisce una volta di più la correlazione tra due fenomeni, per cui il secondo, l’effetto, è prodotto dal primo, la causa. In una “concatenazione” di eventi, l’effetto, a sua volta, diventa causa, da cui scaturisce una nuova conseguenza, e così via.
Qualsiasi comportamento umano, qualsiasi decisione, qualsiasi evento, di ogni genere, e quindi, in ultima istanza, ogni cosa, rientra nei principi sopra esposti.
Ne è, evidentemente, assolutamente consapevole chi è chiamato a prendere decisioni da cui dipendono equilibri geopolitici, andamenti economici, relazioni tra gli individui, etc.
Non sempre, però, azione-reazione o causa-effetto, producono conseguenze così ovvie e scontate: può diventare derimente, in questo senso, il “periodo di osservazione”, vale a dire i l tempo in cui gli “effetti” (la reazione) si manifestano. La trasmissione, cioè, può non essere così lineare (o efficace), in quanto possono entrare in gioco altri fattori che complicano non poco il quadro di riferimento, determinando risultati magari diversi, o non in linea, con le aspettative.
La politica monetaria di questi mesi può benissimo rientrare in questo ragionamento.
Per combattere l’inflazione, la leva dei tassi è, da sempre, lo strumento più utilizzato, in quanto ritenuto il più efficace.
Come ben sappiamo, tutto è iniziato nel marzo 2022, quando la FED ha interrotto la fase della fase “espansiva”, dando il via a rialzi che hanno portato i tassi americani al 5,25-5,50%. Di contro, l’inflazione, che era arrivata a superare il 10%, oggi è scesa a livelli più moderati (4,3% quella core, 3,7% quella “generale”), comunque ancora ben superiori al livello “target” (il famoso 2%). Allo stesso tempo, e qui forse si annidano le sorprese maggiori e “l’effetto” imprevisto, la disoccupazione è a livelli molto bassi, intorno al 4%, mentre il PIL continua a rimanere su soglie ben superiori a quelle che molti economisti avevano previsto, che, in alcuni casi, si erano spinti sino alla recessione. Tanto da far ammettere al Presidente FED Jerome Powell, durante la conferenza stampa di ieri, successiva alla riunione del Comitato Esecutivo che, per la seconda volta da inizio 2023, ha lasciato invariati i tassi, che “per ridurre l’inflazione serve, probabilmente, un periodo di crescita sotto il trend”, confermando altresì che alcuni indicatori “suggeriscono che l’attività economica procede ad un passo solido”. Nella stessa conferenza, Powell ha lasciato chiaramente intendere che si andrà incontro ad una fase “higher for longer”, vale a dire che i tassi dovrebbero rimanere ad un livello elevato per buona parte del 2024, arrivando a pronosticare un livello medio, per l’anno prossimo, del 5,1% vso il precedente 4,6%.
Valutazioni che dimostrano come non sempre le cose siano così scontate e come possano subentrare fattori che rendono il contesto un po’ più complesso. Un ruolo determinante, per esempio, quasi certamente lo giocheranno le elezioni presidenziali Usa del prossimo anno. Per quanto Amministrazione politica e Autorità monetaria siano 2 poteri indipendenti, rimane difficile pensare che Powell voglia mettere Biden nella condizione di affrontare la scadenza elettorale in una situazione di ulteriore difficoltà, e quindi con precarietà occupazionale, disagi sociali in aumento per l’aggravarsi delle condizioni economiche, inflazione che persiste su livelli pericolosi, etc. Fare in modo, quindi, che l’inflazione continui a scendere senza avere conseguenze economiche negative sarà la vera sfida americana per il prossimo anno.
Più che la decisione di lasciare invariati i tassi, ad impattare negativamente sulle chiusure USA sono state le parole di Powell, che, come detto, ha lasciato intendere che i tassi rimarranno più alti del previsto per buona parte del 2024. Nell’ultima parte delle contrattazioni si è, quindi, assistito ad un cambiamento di umore degli investitori, che hanno iniziato ad alleggerire le posizioni, portando il Nasdaq a chiudere la giornata a – 1,46% e il Dow Jones a – 0,22%.
Questa mattina i mercati del Far East asiatico risentono del “risk off” americano, con tutti gli indici in calo.
A Tokyo il Nikkei arretra dell’1,37%, mentre ad Hong Kong l’Hang Seng perde l’1,11%. Un po’ meglio va a Shanghai, dove il calo si ferma allo 0,50%.
Futures al momento senza particolari spunti, comunque orientati ad aperture negative.
Ancora un calo per il petrolio, che si allontana dalle vette dei giorni scorsi, con il WTI sceso a $ 88,95 (- 0,90% nei primi scambi odierni).
Stabile, a $ 2,738, il gas naturale Usa.
Leggero passo indietro per l’oro, a $ 1.930 (- 1,02%).
Recupera lo spread, che si porta a 175 bp, con il BTP al 4,44%.
Bund a 2,70%.
Ennesimo balzo in avanti del Treasury, che raggiunge il 4,45%, livello più alto dal 2007.
Recupera il $, con €/$ a 1,0645, sulle dichiarazioni di Powell relative al perdurare di tassi elevati per i prossimi mesi.
Resiste sopra i $ 27.000 (27.029) il bitcoin.
Ps: proprio 100 anni fa, nel settembre 1923, l’Impero britannico raggiunse, se non il suo massimo splendore, le sue maggiori dimensioni, arrivando ad estendersi su oltre il 24% dei territori del mondo, con la giurisdizione sul 23% della popolazione mondiale. Nessun altro, in nessun tempo, ha potuto vantare un simile peso politico, economico, militare. Dal quel momento è iniziata la sua perdita di potere, oggi non paragonabile a quel periodo. A volte basterebbe “ri-leggere” la storia per capire alcuni fenomeni e non stupirsi laddove si verificassero (ogni riferimento alla Brexit è puramente casuale….).